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Proteina aiuta a capire
quanto è aggressiva la malattia

Un elemento essenziale nella terapia dell’artrite reumatoide è la tempestività della diagnosi, e l’avvio precoce delle cure. Ciò consente, infatti, di limitare il rischio di danni irreversibili alle giunture e in generale di rallentare l’evoluzione della malattia, se vengono assunti farmaci efficaci, oggi disponibili, soprattutto nelle forme più rapidamente progressive. Non è sempre facile, però, individuare precocemente l’artrite reumatoide e capirne l’aggressività potenziale. Ora, però, uno studio pubblicato sulla rivista PNAS dai ricercatori dello University College di Dublino, in Irlanda, punta l’attenzione su una molecola, che potrebbe diventare un significativo marcatore di gravità e danno ai tessuti: è la proteina chiamata C5orf30 (una molecola la cui funzione fisiologica, peraltro, è tuttora sconosciuta).

I ricercatori hanno trovato questa sostanza nelle cellule sinoviali (cioè nelle cellule presenti nel liquido delle articolazioni) di oltre mille malati. In particolare, hanno individuato la C5orf30 nelle cellule sinoviali più implicate nella distruzione dei tessuti, tipica dell’artrite reumatoide, e hanno constatato che la sua concentrazione è tanto più alta quanto più grave è la malattia. Questa proteina è invece quasi assente nelle persone sane. 

Anche studi sugli animali da laboratorio hanno confermato la presenza di C5orf30 nelle forme più gravi di artrite reumatoide.  

Se questi dati saranno confermati anche da altre ricerche, la C5orf30 potrebbe diventare un marcatore della malattia, e forse anche un bersaglio di terapie mirate, una volta che se ne sarà compresa fino in fondo la funzione.’

A.C.
Data ultimo aggiornamento 16 settembre 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Vedi anche: 
Un vaccino contro l’artrite reumatoide
I batteri dei denti e della saliva "marker" dell’artrite reumatoide


Tags: artrite reumatoide



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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